E se la soluzione fosse più democrazia, anziché meno? A pochi chilometri da noi, ci sono cittadini che votano mediamente quattro volte all’anno, su circa 15 questioni diverse. La Svizzera offre il modello più avanzato che esista di democrazia diretta. E il politologo Nenad Stojanovic è convinto possa funzionare anche nel resto dell’Occidente: «Non fatevi spaventare dal populismo». Il potere al popolo (elvetico).
Non disperiamo anche se Trump e Brexit hanno scatenato il panico. L’ascesa degli autocrati in Asia e dei populismi in Occidente minaccia l’ordine liberale, ma dal collo del muro di Berlino, nel mondo ci sono più democrazie elettorali che autocrazie e la maggior parte della popolazione vive in democrazie elettorali. La fine della democrazia è una notizia fortemente esagerata.
I nati nel 1999 andranno alle urne per la prima volta tra qualche settimana. Per loro la politica è qualcosa di sbagliato, pericoloso e inutile. Ma si impegnano in prima persona nelle loro scuole. E voteranno. Anche se ancora non sanno per chi. Il primo voto non si scorda mai.
Ormai siamo abituati alla politica-spettacolo. In Russia ad esempio, a ogni tornata elettorale l’obiettivo è dare l’illusione alla popolazione di vivere in uno Stato democratico. Putin, infatti, non ha paura degli avversari, ma dell’apatia della gente verso il putinismo. Così non stupisce che si sia rivolto fin dagli inizi a un uomo proveniente dal teatro: Vladislav Surkov. La grande pièce della democrazia russa.
C’è poi la classica narrativa americana. The Post è considerato l’ultimo lavoro di un’ideale trilogia, che inizia con Lincoln e passa per Il ponte delle spie, attraverso cui Steven Spielberg scandaglia la genealogia costituzionale dell’America di oggi e la concezione democratica liberale che ne deriva. C’è chi lo critica e chi lo glorifica. Resta il genio di un cineasta che ha unito intrattenimento ed etica, cantando la libertà dell’individuo. Spielberg della Libertà.
Ci sono poi i volti. Nel 2010-2011 Frederic Lezmi ha raccolto con il suo iPhone i volti dei politici ritratti nei manifesti elettorali a Pristina e Beirut. «Sono il campionario sociologico — dice — di due piccole e pericolanti democrazie». Con quella faccia un po’ così.
Miti Ruangkritya, invece, ha raccolto le immagini dei poster elettorali affissi nel 2011 a Bangkok, vandalizzati dai sostenitori delle fazioni opposte. Un progetto iniziato nel 2006, anno del colpo di Stato. Sfoghi politici in salsa thai.
Un’operazione simile a quella compiuta da Mark Duffy che in Irlanda ha fotografato i manifesti elettorali affissi malamente, trasformati a dispetto delle intenzioni nello specchio della disillusione dei cittadini. Quel che resta del candidato.
E lo sport? Come si innesta nel discorso democratico? Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80 in Brasile una squadra crea un esperimento rivoluzionario, la democracia corinthiana. Ispirando un popolo schiacciato dalla dittatura grazie a un’utopia fatta di egualitarismo e passione politica. Apologia di Sócrates.
Ma la nostra è l’epoca della politica del risentimento, in cui i partiti e i movimenti fondano la loro identità sulla collera. Che è una merce preziosa, come sanno bene i siti di fake news. E che fa aumentare i consensi alle urne. Il mercato della rabbia alimenta la voglia di forca.
SOMMARIO
Il potere al popolo (elvetico) | Samuele Cafasso
La fine della democrazia è una notizia fortemente esagerata | Gabriella Colarusso
Il primo voto non si scorda mai | Cecilia Attanasio Ghezzi
La grande pièce della democrazia russa | Andrea Prada Bianchi
Spielberg della libertà | Luigi Cruciani
Apologia di Sócrates| Oscar Cini
PHOTOGALLERY
Sfoghi politici in salsa thai | Miti Ruangkritya
Con quella faccia un po’ così | Frederic Lezmi
Quel che resta del candidato | Mark Duffy
DAL NOSTRO ARCHIVIO
Il mercato della rabbia alimenta la voglia di forca | Enrico Pedemonte
Foto in apertura: New York, Consiglio di sicurezza dell’ONU. Corridors of Power / Luca Zanier / Anzenberger / Contrasto